Collegio Tiberino
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Prima meditazione
La misericordia di Dio nella vita del sacerdote: il sacramento del Perdono
“Noi andiamo tutti di inizio in inizio, attraverso inizi sempre nuovi” (San Gregorio di Nissa)
La Misericordia
La bella immagine usata dal grande catechista Albino Luciani: Dio rincorre l’uomo che scappa.
Ciò significa che il volto di Dio nel suo volgersi verso l’uomo è un volto di misericordia.
Sant’Agostino fotografa così il racconto della donna peccatrice: la misera e la Misericordia.
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Rimaniamo come a contemplare e a gustare con stupore rinnovato, gratitudine e dolcezza la bellezza della misericordia di Dio. Come San Francesco d’Assisi che, dicendo il nome di Gesù, rimaneva a gustare la dolcezza di quel nome, leccandosi le labbra che l’avevano pronunciato.
- Sant’Ambrogio: “Il Signore Dio nostro creò il cielo e non leggo che si sia riposato; creò il sole, la luna e le stelle, e non leggo nemmeno allora che si sia riposato; ma leggo che ha creato l’uomo e che a questo punto si è riposato, avendo un essere a cui rimettere i peccati”.
- San Francesco di Sales: “La nostra miseria è il trono della misericordia di Dio”. “Dio ha messo i confini all’oceano, ma ha lasciato senza confini la sua misericordia”.
- San Giovanni Maria Vianney: “Non c’è niente che offenda tanto il buon Dio quanto il disperare della sua misericordia. C’è chi dice: Ne ho combinate troppe, il buon Dio non può perdonarmi. E’ una grande bestemmia. E’ mettere un limite alla misericordia di Dio, e essa non ne ha: è infinita”.
- André Fraussard: “E’ questa la nostra tragedia: non comprendiamo nulla dell’amore di Dio e gli fissiamo dei limiti che esistono solo nel nostro cuore”.
- Episodio del Curato d’Ars.
La donna e il marito che si era ucciso buttandosi dal ponte. “Si metta in pace, signora. Tra il ponte e l’acqua, ci sono due secondi almeno, perché uno possa uccidersi. E’ molto di più di quanto occorra a Dio per allungare la sua mano e il suo perdono. Speri, preghi per lui”. - Episodio di Sant’Agostino.
Possidio, autore dell’età dei Padri, riferisce che il salmo 31 (“Beato l’uomo a cui il Signor perdona…) era molto caro a Sant’Agostino. L’aveva fatto trascrivere, l’aveva affisso al muro della sua camera, davanti al letto. Lo leggeva tra le lacrime e vi trovava grande pace e conforto, soprattutto durante gli ultimi giorni della sua vita. Gli ricordava che la misericordia di Dio è sempre superiore alla nostra miseria.
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Noi siamo inviati per essere nel mondo gli annunziatori della misericordia di Dio, gli araldi del Vangelo che è l’amore misericordioso di Dio per l’uomo.
Una forma di annunzio privilegiata è quella del confessionale. Lì la misericordia va anzitutto vissuta in prima persona e poi donata. Non si dà ciò che non si ha: non si può donare ciò che prima non abbiamo sperimentato. Chi è incapace di misericordia? Chi non l’ha mai ricevuta. Chi non sa perdonare? Chi non si sente perdonato e non sa perdonarsi.
Siate misericordiosi come voi avete ricevuto misericordia.
Il sacramento del Perdono
La confessione delle colpe
Un aspetto importantissimo nel sacramento, al fine di vivere in verità l’esperienza della misericordia del Signore è la “confessione” delle colpe.
Un racconto dei Padri del deserto.
«“Quando ci assalgono i pensieri del maligno, basta che ci atteniamo alla dottrina e alle istruzioni dei santi padri? E’ sufficiente che lottiamo contro la tentazione, o è meglio aprire l’anima a un padre?”: due giovani monaci, seduti sui bassi sgabelli di pietra, dopo aver interrogato l’anziano stavano ora pendendo dalle sue labbra, avidi di ricevere dalle sue parole una risposta alla loro domanda. […]
L’anziano… riprese con vivacità: “A questo proposito voglio raccontarvi cosa mi accadde agli inizi della mia vita nel deserto. Avevo nell’anima una passione violenta che mi dominava talmente da spingermi più volte sull’orlo della disperazione… A quel tempo viveva poco distante da qui il santo abate Zenone… Pensai di andare da lui per essere liberato dal mio male, ma ogni volta che decidevo di andare ad aprirgli il mio animo, il nemico di ogni bene mi insinuava: ‘Perché vuoi andare dall’abate Zenone? Non lo sai anche tu come devi comportarti per superare la tentazione? Non conosci forse la dottrina dei padri?’. E poiché ben sapevo che cosa insegnavano gli anziani, cedevo al suggerimento del maligno. La cosa durò per ben tre anni. La passione imperversava sempre più nel mio cuore e io rischiavo di perdermi… Qualche volta riuscii ad arrivare fino all’anziano, deciso ad aprirgli la mia anima, ma poi il timore e la vergogna mi fermavano le parole sulle labbra… Ma una volta, al termine di uno di questi incontri, mentre ormai mi stavo allontanando sconvolto e pieno di vergogna, l’anziano mi interpellò bruscamente: ‘Cosa hai, dunque? Anch’io sono un uomo!’. Confuso mi gettai ai suoi piedi: ‘Abbi pietà di me, tu lo sai cosa mi tormenta!’. Ed egli: ‘Lo so infatti, ma occorre che sia tu a dirmelo, se vuoi essere guarito’.
Allora finalmente, con il cuore in fiamme, gli manifestai la mia passione. ‘Perché hai aspettato tanto a parlarmene? Ecco sono ben tre anni che vieni da me senza aprirmi il tuo cuore! Credi forse che non sia un uomo come te, che non ti possa capire? Non lo sai che il maligno gode quando teniamo nascoste le nostre passioni? Egli sa bene che una volta confessate con umiltà esse perdono tutto il loro vigore’».
Diceva san Francesco di Sales, nel corso dell’ultimo colloquio avuto con le sue monache prima della sua morte, che vi sono due mancanze gravi che si commettono quando si celebra il Rito della Penitenza: scaricarsi e cercare sollievo, più che piacere a Dio unendosi a Lui; non manifestare lo stato reale della propria coscienza. Il santo Vescovo aggiungeva che compito del confessore è anche quello di aiutare i suoi penitenti a confessarsi bene, vincendo questi due grandi difetti.
San Filippo Neri: “Nel confessarsi l’uomo si accusi prima dei peccati più gravi e dei quali ha maggiore vergogna: perché così si viene a confondere di più il demonio e cavar maggior frutto dalla confessione”. Anche a questo è importante educare.
Papa Francesco ai seminaristi, ai novizi e alle novizie: “Voglio consigliarvi questo: abbiate trasparenza col confessore. Sempre. Dite tutto, non abbiate paura. “Padre ho peccato!” […] Questa trasparenza farà bene, perché ci fa umili, tutti… Dire la verità, senza nascondere, senza mezze parole, perché stai parlando con Gesù nella persona del confessore. E Gesù sa la verità. Soltanto Lui ti perdona sempre! Ma il Signore vuole soltanto che tu gli dica quello che Lui già sa. Trasparenza! E’ triste quando uno trova un seminarista, una suora che oggi si confessa con questo per pulire la macchia; domani va con l’altro, con l’altro, con l’altro: una peregrinatio ai confessori per nascondersi la sua verità. Trasparenza! E’ Gesù che ti sta sentendo. Abbiate sempre questa trasparenza davanti a Gesù nel confessore!”.
La responsabilità del Confessore.
A tale proposito ascoltiamo quanto afferma san Gregorio Magno nella sua Regola pastorale: “Per i pastori è fondamentale possedere quella disponibilità di cuore e quella forza di attrazione, per cui i fedeli non trovano vergognoso aprire loro la coscienza” (Parte II, n. 5). Ci sia di aiuto anche fare memoria di un episodio della vita di san Giovanni della Croce. Una giovane suora temeva molto di aprire il proprio cuore al santo confessore. La fama di santità di Giovanni era per lei un ostacolo alla confidenza. Finalmente, però, un giorno si vinse e si recò dal carmelitano per la confessione. Ed egli, alla giovane che tremava ai suoi piedi, disse: “Io non lo sono; ma quanto più il confessore è santo, tanto più è soave e non si scandalizza dei peccati altrui, perché conosce meglio la misera condizione dell’uomo”.
Lo stile del confessore
- La preghiera.
Per vivere con consapevolezza l’agire nella persona di Cristo. - La penitenza.
Un confratello sacerdote un giorno chiese al santo Curato il motivo per cui desse penitenze tanto leggere ai suoi penitenti. “Amico mio – rispose il santo – ecco la mia ricetta: do loro una piccola penitenza e il resto lo faccio io”.
In altra occasione, un pentente inginocchiato al confessionale sentì che dalla parte del confessore proveniva il gemito tipico di chi sta piangendo. Allora l’uomo domandò: “Perché piangete, padre mio?” E il Curato rispose: “Amico mio, io piango perché voi non piangete abbastanza”. - La pazienza d’amore.
L’attesa al confessionale segno dell’attesa di Dio.
“Il giardino dei sacerdoti” (Sant’Antonio Maria Gianelli)
Il gesto e la parola.
Traboccanti di misericordia, anche quando si dovrà operare la correzione. - La preparazione.
Il mio amico in Seminario.
I due aspetti: il carattere sacramentale e l’incarico della decisione. La verità è misericordia.
Altri aspetti da non dimenticare
La frequentazione assidua del Rito della Penitenza.
Non è un caso se un santo come don Bosco, tra i tanti, tantissimi esempi che si potrebbero qui ricordare nella storia della spiritualità e della pastorale, esortasse con insistenza i suoi ragazzi ad accostarsi al Rito della Penitenza una volta alla settimana.
D’altra parte tutti, probabilmente, ricordiamo ciò che rispose Papa Benedetto XVI al bambino che gli chiedeva il motivo per cui è necessario confessarsi con frequenza: “… anche se, come ho detto, non è necessario confessarsi prima di ogni Comunione, è molto utile confessarsi con una certa regolarità. È vero, di solito, i nostri peccati sono sempre gli stessi, ma facciamo pulizia delle nostre abitazioni, delle nostre camere, almeno ogni settimana, anche se la sporcizia è sempre la stessa. Per vivere nel pulito, per ricominciare; altrimenti, forse la sporcizia non si vede, ma si accumula. Una cosa simile vale anche per l’anima, per me stesso, se non mi confesso mai, l’anima rimane trascurata e, alla fine, sono sempre contento di me e non capisco più che devo anche lavorare per essere migliore, che devo andare avanti. E questa pulizia dell’anima, che Gesù ci dà nel Sacramento della Confessione, ci aiuta ad avere una coscienza più svelta, più aperta e così anche di maturare spiritualmente e come persona umana. Quindi due cose: confessarsi è necessario soltanto in caso di un peccato grave, ma è molto utile confessarsi regolarmente per coltivare la pulizia, la bellezza dell’anima e maturare man mano nella vita”.
La confessione come via all’accompagnamento spirituale.
Il sacramento e la Parola di Dio, per far toccare con mano come la Confessione sia il realizzarsi dell’amore misericordioso del Signore.
Il sacramento non è nostro, noi non siamo dei battitori liberi, sganciati da tutto e da tutti. O siamo nella Chiesa o siamo infecondi e sterili.La rilevanza nella vita quotidiana.
“Gli uomini non possono vivere insieme se non si perdonano a vicenda di essere solo ciò che sono” (Francois Varillon).
Per essere un bravo confessore è necessario essere un bravo penitente.
Seconda meditazione
L’invocazione dello Spirito Santo nella vita del sacerdote
Premessa
Nei giorni che ci preparano alla Pentecoste, la Chiesa ha alcune bellissime orazioni con le quali ci aiuta a invocare lo Spirito Santo, chiedendo alcuni particolari doni.
Ripercorriamo queste orazioni, cercando di approfondirne il contenuto, in relazione alla nostra preghiera e alla nostra vita.
Lo Spirito dona e distrugge: distrugge il male e dona il bene. Spunti di preghiera ai quali ciascuno è chiamato ad aggiungere ciò di cui ha bisogno.
Lunedì dopo l’Ascensione
“Venga su di noi, o Padre, la potenza dello Spirito Santo, perché aderiamo pienamente alla tua volontà”.
Dall’adorazione all’adesione: la volontà di Dio deve essere il cibo ricercato di ogni giornata. La volontà di Dio è il Suo sì alla nostra vita; Dio non è concorrente geloso della nostra gioia. Il foglio bianco dato al Signore. “O mio Dio, tutto quello che tu vuoi io lo voglio, tutto quello che tu fai io lo amo, tutto quello che tu permetti io lo adoro” (Santa Giovanna di Chantal).
La volontà di Dio significata attraverso la Chiesa
Martedì
“Padre onnipotente e misericordioso, fa’ che lo Spirito Santo venga ad abitare in noi e ci trasformi in tempio della sua gloria”.
La dimensione mariana della nostra vita. Tempio della sua gloria perché tutti gli spazi diventano Suoi. Tempio della sua gloria perché la nostra vita diventa uni spazio di Dio nel mondo. L’uomo di Dio: “ho visto Dio in un uomo”.
I tre monaci giovani e il monaco anziano.
“Il vizio contro la castità è più facile a fuggirsi che a guarirsi” (San Francesco di Sales).
Mercoledì
“Padre misericordioso, fa’ che la tua Chiesa, riunita dallo Spirito Santo, ti serva con piena dedizione e formi in te un cuore solo e un’anima sola”.
La piena dedizione dice cura, attenzione, amorevolezza per le cose di Dio, della Chiesa, delle anime. Trattiamo le cose di Dio! Non vi sono più spazi privati nella vita.
Un cuore solo e un’anima sola nel presbiterio e nella Chiesa: la carta d’identità per essere riconosciuti.
Giovedì
“Venga, o Padre, il tuo Spirito e ci trasformi interiormente con i suoi doni; crei in noi un cuore nuovo, perché possiamo piacere a te”.
Un cuore nuovo che sappia amare secondo la misura del Cuore di Cristo. Il cuore del pastore non può aspirare ad amare di meno. Alessandro Magno e il soldato poco coraggioso
“E non ci sia nessuno nel tuo cuore: ci sia il Cristo nel tuo cuore” (Sant’Agostino).
“Signore, allarga il mio cuore!” (Santa Caterina)
Venerdì
“O Dio, nostro Padre, che ci hai aperto il passaggio alla vita eterna con la glorificazione del tuo Figlio e con l’effusione dello Spirito Santo, fa’ che, partecipi di così grandi doni, progrediamo nella fede”.
La grande questione della fede. Dio nella vita, in ogni suo aspetto. “Cristo è tutto per me” (Sant’Ambrogio). Il cammino di progressione e il proverbio della luna.
Il morso del più e il “come” del Vangelo.
I due monaci alla finestra e la gioia per il bene altrui.
La preghiera fa parte della fede: “Tutto è possibile”. La modalità in cui preghiamo e celebriamo la Messa.
Sabato
“Dio onnipotente ed eterno, che ci dai la gioia di portare a compimento i giorni della Pasqua, fa’ che tutta la nostra vita sia una testimonianza del Signore risorto”.
Il racconto del bambino del catechismo al quale fu domandato che è un vescovo.
Dobbiamo suonare le campane della misericordia che è salvezza dell’uomo. Dobbiamo suonarle per gli altri e prima ancora sentirle suonare per noi.
L’ateo che dialoga con il sacerdote e lo sfida sul modo in cui i fedeli escono dalla Messa
Una vita nuova, che non sa più di mondo, ma di cose di lassù. “Occorre, infatti, che la vita del sacerdote risplenda per costumi e per la vita affinché il popolo a lui affidato, in lui, come in uno specchio, possa scegliere quello che deve imitare e vedere quello che deve correggere” (San Gregorio Magno a Domenico, Vescovo di Cartagine)
Conclusione
Il Signore, nella Bibbia, per 365 volte invita a non avere paura.