Scuola per Confessori
Seminario
Quadro di riferimento
Libro IV: la Funzione di santificare della Chiesa
Il ministro del sacramento della penitenza: cann. 965-986
La normativa diocesana
1. Il ministro del sacramento della penitenza (can. 965)
“Ministro del sacramento della penitenza è il solo sacerdote” (can. 965)
Il termine “sacerdos” del canone comprende sia i vescovi che i presbiteri
“La Chiesa esercita il ministero del sacramento della penitenza per mezzo dei vescovi e dei presbiteri” (RP 9a)
Entrambi corresponsabili, ma in modo diverso
Il presbitero è tenuto ad agire in comunione col vescovo, responsabile della disciplina penitenziale (cfr. RP 9a)
Si tratta di una comunione intesa come “realtà organica” che richiede forma giuridica (cfr. LG nota previa, 2); non vago affetto
Da questo principio derivano le norme sulla facoltà richiesta al presbitero per riconciliare validamente i penitenti
2. Necessità della facoltà per esercitare la potestà di ordine per ricevere le confessioni (can. 966 par. 1, 2)
Il CIC precedente parlava di questa facoltà come di una “giurisdizione”.
La dottrina spiegava che la potestà di giurisdizione era distinta dal sacramento dell’ordine e che la potestà di giurisdizione e la potestà di ordine erano due principi indipendenti, di origine diversa.
La posizione assunta dall’attuale legislatore:
- la potestà richiesta per assolvere validamente dai peccati è la potestà di ordine; per esercitare tale potestà si esige nel ministro la facoltà
- la facoltà non si configura come il “potere di dare l’assoluzione” ma come “autorizzazione” a esercitare la potestà di ordine
- conseguenze: non si può più parlare di giurisdizione in riferimento al sacramento della penitenza; non si esclude però che il ministro possa essere autorizzato a porre atti di potestà di governo o giurisdizione, per volontà della Chiesa e per il bene dei fedeli: es. quando il sacerdote in confessione rimette una censura (cfr. can. 1357 par. 1)
- la facoltà si richiede per la validità dell’assoluzione il sacerdote che, non potendo dare validamente l’assoluzione, tenta di impartirla oppure ascolta la confessione, incorre nella pena latae sententiae della sospensione (cfr. can. 1378 par. 2, 2°)
La necessità della facoltà è stata letta da tre diversi punti di vista:
– competenza che il confessore-giudice deve avere
– grado di preparazione che il confessore-medico deve possedere
– espressione del legame di comunione con la Chiesa perché il ministro riconcilia anche con essa
3. La facoltà di ricevere le confessioni
Modo di ricevere la facoltà: ipso iure o per concessione
a. La facoltà “ipso iure” può realizzarsi in tre modi
- mediante legge (cfr. can. 967)
* Papa
* Cardinali (anche non vescovi)
eventuali limitazioni possono venire dal Papa o da qualche pena
* Vescovi
un altro vescovo può proibire, ma solo “ad liceitatem” - mediante il conferimento di un ufficio (cfr. can. 968)
* Ordinario del luogo
Papa, Vescovi diocesani e altri preposti a Chiesa particolare o a essa equiparata (es. amministrazione apostolica, ordinariato
militare), vicari generali ed episcopali.
* canonico penitenziere
si ricordi: facoltà ordinaria non delegabile di assolvere in foro sacramentale dalle censure latae sententiae non dichiarate e non
riservate alla Sede Apostolica: anche per gli estranei in diocesi e per i diocesani fuori diocesi
* parroco o chi ne fa le veci (amministratore parrocchiale, il vicario parrocchiale che sostituisce il parroco, i cappellani, il rettore del
seminario)
* superiori di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, clericali e di diritto pontificio, limitatamente ai propri sudditi e agli altri che vivono giorno e notte nella casa; si tratta dei superiori maggiori, ma anche dei loro vicari e dei superiori locali se le costituzioni danno loro potestà esecutiva (il superiore locale per la casa religiosa, il provinciale per la provincia, il superiore generale per l’intero istituto) - mediante supplenza della facoltà (cfr. can. 144)
in caso di errore comune, sia di fatto che di diritto, e in caso di dubbio, positivo e probabile, sia di diritto che di fatto
esempio: l’ex parroco che ha lasciato da poco la parrocchia e l’errore comune della comunità
b. La facoltà per concessione della competente autorità
- autorità competenti
* Ordinario del luogo (v. sopra)
* superiore di un istituto religioso o società di vita apostolica, clericali di diritto pontificio (v. sopra): la facoltà può essere concessa a qualunque presbitero, ma solo per i sudditi e per coloro che giorno e notte vivono nella casa; la limitazione viene superata attraverso la richiesta fatta all’ordinario del luogo dove è situata la casa in cui i religiosi sono ascritti o vi dimorano. E’ concessa in forza del domicilio e fino a quando il religioso rimane in quella casa; nella nostra diocesi la richiesta è da fare ogni anno. - requisiti e modalità per la concessione della facoltà (cfr. cann. 970-973)
L’autorità deve: – accertare l’idoneità del presbitero
– udire l’ordinario proprio del presbitero
L’autorità può concedere la facoltà a tempo determinato o indeterminato.
Se è concessa abitualmente (non per un atto soltanto) deve essere data per iscritto (il caso della nostra diocesi)
L’attuale situazione della nostra Diocesi
Estensione della facoltà
Il legislatore introduce una novità: ogni sacerdote (vescovo o presbitero) che ha la facoltà abituale di rimettere i peccati la può esercitare in tutto il mondo (“ubique”: cfr. can. 967, par. 2-3). Il caso “sui generis” di Roma
- Quando si ha la facoltà abituale, sia in forza dell’ufficio sia per concessione dell’ordinario del luogo di incardinazione o del luogo nel quale si ha domicilio (luogo i cui si ha intenzione di rimanere in perpetuo o almeno in cui si è rimasti per 5 anni completi)
- Se il sacerdote non ha l’incardinazione o il domicilio nel luogo del concedente, la facoltà resta limitata all’ambito giurisdizionale dell’ordinario concedente
- I singoli ordinari del luogo come anche i superiori religiosi posso revocare in un caso particolare e per il proprio ambito di governo la facoltà di cui gode il sacerdote
- I presbiteri degli istituti religiosi o delle società di vita apostolica hanno la facoltà per tutte le case dell’istituto: se un superiore fa divieto di confessare per una casa, il divieto è per la liceità
- Ogni sacerdote, anche se privo della facoltà di ricevere le confessioni, assolve validamente e lecitamente tutti i penitenti che si trovano in pericolo di morte, da qualsiasi censura e peccato, anche quando sia presente un sacerdote approvato (cfr. can. 972)
Il moribondo, assolto da una censura inflitta o dichiarata o riservata alla Sede Apostolica, ritrovata la salute deve ricorrere entro un mese al Superiore competente o al sacerdote munito della debita facoltà , pena la reincidenza della censura - Cessazione della facoltà (cfr. cann. 974-975)
Ciò avviene attraverso: - revoca
- perdita dell’ufficio
- escardinazione o perdita del domicilio
La normativa si sviluppa in parallelo la normativa sul modo di ricevere la facoltà
La revoca esige una causa grave
– Se la facoltà è revocata dall’Ordinario del luogo che l’ha concessa la revoca vale per ogni luogo
– Se la facoltà è revocata da un altro ordinario del luogo la revoca vale solo per il territorio del revocante (in questo caso va sempre informato l’ordinario del luogo in cui il presbitero è incardinato o il superiore se si tratta di un religioso)
Circa i presbitero di un istituto religioso o una società di vita apostolica:
– se la revoca è del superiore maggiore (generale), vale per tutto l’istituto
– se la revoca è di un altro superiore competente, vale solo per la sua circoscrizione - La perdita del domicilio riguarda i religiosi che hanno il domicilio nella casa in cui sono ascritti. Con il passaggio ad altra casa al di fuori della giurisdizione dell’ordinario del luogo la facoltà cessa e va richiesta al nuovo ordinario del luogo
- La facoltà di rimettere i peccati cessa nei confronti del complice nel peccato contro il sesto comandamento (è indifferente che sia stato commesso prima o dopo l’ordinazione): l’eventuale assoluzione sarebbe invalida e il sacerdote incorrerebbe in una scomunica riservata alla Sede Apostolica. La facoltà non cessa se il complice, dopo aver confessato il peccato ad altro confessore, confessa altri peccati (cfr. can. 977)
Appendice. La facoltà di rimettere le pene
Il diritto conferisce ad alcuni soggetti la facoltà di rimettere le pene in foro interno: qui il confessore esercita una potestà di governo o giurisdizione
- il canonico penitenziere e il cappellano (ospedale, carcere, navi)
censure latae sententiae, non dichiarate e non riservate - qualsiasi vescovo
per le pene, anche espiatorie, non dichiarate e non riservate - La facoltà delle remissione delle pene in foro interno è prevista non in ragione della peculiarità del soggetto che rimette la pene, ma per il bisogno di provvedere al bene dei fedeli in una condizione particolare, quella del “caso più urgente”.
Caso più urgente: la situazione di peccato e l’impossibilità disposta dalla sanzione penale di accedere ai sacramenti incide così pesantemente sul fedele che a questi, ormai pentito, risulta gravoso attendere per tutto il tempo necessario a ottenere la remissione della pena in foro esterno.
Si cerca, cioè, di superare la contraddizione tra la disponibilità al pentimento del fedele, con il conseguente desiderio di ricevere l’assoluzione, e il divieto di accesso ai sacramenti disposto dalla pena. - La situazione straordinaria delineata dal canone (cfr. 1337) riguarda l’accesso al sacramento della riconciliazione; pertanto il soggetto a cui, nel caso più urgente, è data la facoltà di rimettere le pene è il confessore (il sacerdote dotato delle debite facoltà), mentre le pene coinvolte sono quelle della scomunica e dell’interdetto (la sospensione non vieta l’accesso ai sacramenti), purché non dichiarate, anche se notorie o riservate.
- Il sacerdote che rimette la pena con questa modalità deve imporre al penitente 4 oneri:
* ricorrere entro un mese al superiore competente o al sacerdote provvisto della facoltà
di rimettere le pene (anche tramite il confessore)
* attenersi alle indicazioni che costui darà
* adempiere una congrua penitenza stabilita dal confessore stesso
* riparare allo scandalo e al danno causati
Il ricorso è imposto sotto la pena di ricadere nella censura
I 5 delitti cui consegue la scomunica latae sententiae riservata alla Santa Sede
1) Profanazione delle sacre specie
2) Violenza fisica contro il Romano Pontefice
3) L’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento
4)Il vescovo che consacra senza mandato pontifico e che ricevette da esso la consacrazione
5) La violazione diretta del sigillo sacramentale