L’indemoniato di Gerasa
Lunedi 27 Gennaio:
Ascoltiamo La Lectio Divina del Monsignore sul vangelo di Marco 5, 1-20
Meditazione
Una breve premessa
Il capitolo 4° finisce con una domanda a cui non c’è risposta: “Chi è dunque, costui, al quale anche il vento e il male obbediscono?” (v. 41).
La sera, sulla barca, Gesù e i discepoli hanno iniziato ad attraversare il lago. Gesù dorme, ma la sua presenza dona la pace e permette di superare la tempesta di vento e di acqua.
Dove stanno andando?
Nella regione dei Geraseni. Per Israele siamo all’estero, fuori dai confini della terra santa. E’ una regione straniera.
Al capitolo 5° troviamo due lunghi racconti. Ci interessa il primo. Vi si narra la storia di un uomo, qualificato con un termine generico per definire l’uomo in genere. Potrebbe essere la storia dell’umanità, di ogni uomo.
L’indemoniato
Vediamo come Marco lo caratterizza.
E’ posseduto dallo spirito immondo, impuro. Immondo è il contrario di santo. Lo Spirito santo è lo Spirito di Dio; qui, invece, c’è un altro spirito, un’altra mentalità, un altro principio di azione. Il riferimento è al demonio, ma anche a una mentalità contraria a Dio.
Quest’uomo è caratterizzato dai sepolcri. Vive nei sepolcri, in un ambiente di morte ed è isolato dal consorzio umano. Legato a un passato che non torna più, senza speranza.
E’ anche violento e pericoloso. Hanno tentato di legarlo, ma è talmente forte e infuriato che nessuno può legarlo. “Perché il Signore mi tratta così?”.
Marco insiste raccontando una storia di tentativi falliti. Che cosa è stato tentato? Legarlo, bloccarlo, domarlo… ma non liberarlo. Hanno tentato con ceppi e catene, ma lui ha spezzato le catene e rotto i ceppi.
Doveva essere un personaggio noto nell’ambiente, una figura strana che si sentiva gridare da lontano.
E’ un’immagine usata da Marco per illustrare il dramma dell’uomo lontano da Dio, posseduto dallo spirito cattivo, che vive nei sepolcri come morto. Quel grido dice affanno, angoscia, paura, rabbia e un accanirsi contro se stesso. E’ un uomo che si sta rovinando. Il percuotersi con pietre dice una sorta di auto distruzione.
La presenza di Gesù
Questa scena tragica e macabra si incontra con la quiete di Gesù, appena uscito dalla tempesta. L’uomo corre incontro a Gesù. Lo vede da lontano, gli va incontro e gli si getta ai piedi.
Compie un gesto di prostrazione. Il termine usato indica il mettersi in ginocchio e appoggiare la testa sul pavimento. E’ l’atto dell’adorazione riservato solo a Dio. L’indemoniato gli urla non una preghiera ma uno scongiuro. Letteralmente: “Che cosa a me e a te”.
E’ un’espressione che ritroviamo alle nozze di Cana ed è un modo semitico per indicare il rapporto che lega due persone. Sarebbe come dire: “Come ti poni nei miei confronti? Che hai a che fare con me?”.
I demoni riconoscono Gesù ma non lo accettano. Il loro non è un atto di fede. Si può riconoscere e non aderire con il cuore: “Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi”.
L’esorcismo
Il verbo greco che si traduce “ti scongiuro” è il verbo da cui deriva il nostro esorcismo. La stranezza è che l’indemoniato cerca di esorcizzare Gesù: “Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi! Gesù gli diceva infatti: Esci, spirito immondo, da quest’uomo!”.
Si noti l’abilità di Marco: prima è descritta la reazione dell’uomo, ma la parola di Gesù era stata detta prima.
Gesù non si rivolge a quell’uomo, ma allo spirito immondo. L’idea è quella di una lotta tra Gesù e il male. C’è già stata una lotta, ma tutti l’hanno persa. Ora Gesù, il vero forte, la vince: Egli è più forte del male.
L’imperativo di Gesù è: “Esci!”. Gesù fa fare un esodo, un’uscita.
Senza arrivare al caso della possessione diabolica, ogni uomo in realtà è posseduto dal male. L’esorcismo è prassi comune nella vita della Chiesa. Si pensi al Battesimo. In questo senso l’uomo del vangelo rappresenta anche ciascuno di noi, schiavo del male.
Gesù libera l’uomo dal male. Non lo incatena, lo libera dal male.
Gesù tormenta l’uomo
L’uomo è attratto da Cristo ma anche ne è spaventato. E’ l’indemoniato che va a cercarlo, ma anche a dirgli subito dopo di lasciarlo stare.
Gesù è il tormento della vita dell’uomo (si pensi a don Abbondio). Egli ci da fastidio perché mette in discussione la nostra vita, ma anche ci attrae. Il peccatore è insieme affascinato e tormentato.
In questo contesto stiamo in ascolto del dialogo, molto umano. Inizia con una domanda, molto semplice: “Come ti chiami?”.
La risposta è “legione”. Indica, nella Roma di allora, una schiera di soldati ben organizzata, una serie di uomini che combattono. Lui non ha un nome di persona, è una massa, una truppa, è l’uomo massificato. Certamente vi è anche l’idea dei molti demoni che occupano l’uomo.
Siamo all’estero. In Israele non ci sarebbero maiali, perché immondi: non possono essere mangiati quindi neppure allevati. Si pensi alla parabola del figliol prodigo. In quella regione, invece, se ne fa grande uso.
Sono il segno del massimo degrado. Il branco di maiali è adatto per i demoni.
Una libertà costosa
La scena è grandiosa.
Dietro al branco di maiali c’è una simbologia importante: è l’immagine dell’umanità bestiale.
Anche nella narrativa greca ci sono simboli simili. Esempio: la maga Circe che trasforma gli uomini amanti in maiali. Immagine dell’abbruttimento degli uomini.
Liberare l’uomo danneggia gli allevatori di maiali, perché procura loro una grave danno economico Esempi dell’attualità: liberare un ragazzo dalla droga e gli spacciatori; liberare una donna dalla prostituzione e i protettori. Liberare l’uomo danneggia la struttura corrotta del mondo.
Anche gli allevatori fanno quanto avevano fatto i demoni. Chiedono a Gesù di andare via perché dà fastidio.
L’uomo inviato
L’indemoniato guarito diviene annunciato delle meravigli del Signore tra i greci. Apre la missione agli stranieri. E’ uno di loro e sa farsi intendere. Anche noi, peccatori perdonati, possiamo farci intendere: ecco la grazia del peccato perdonato.
Contemplazione e azione
- Considerare la situazione della nostra personale umanità in quell’uomo indemoniato. Quali sono i nostri demoni. Riconoscersi toccati dal male
- Lasciarsi tormentare da Gesù. Abbiamo celebrato la Domenica della Parola di Dio. Riconoscere in Gesù il Salvatore.
- Accettare di rimettere in questione le nostre sicurezze, pur di cambiare vita. Iniziare il cammino della conversione.
- Annunciare l’opera del Signore in noi. Essere un Vangelo vivente.
Concludiamo:
“Quale sarà il mio posto nella casa di Dio? Lo so, non mi farai fare brutta figura, non mi farai sentire creatura che non serve a niente, perché tu sei fatto così: quando serve una pietra per la tua costruzione, prendi il primo ciottolo che incontri, lo guardi con infinita tenerezza e lo rendi quella pietra di cui hai bisogno: ora splendente come un diamante, ora opaca e ferma come una roccia, ma sempre adatta al tuo scopo.
Cosa farai di questo ciottolo che sono io, di questo piccolo sasso che tu hai creato e che lavori ogni giorno con la potenza della tua pazienza, con la forza invincibile del tuo amore trasfigurante?
Tu fai cose inaspettate, gloriose. Getti là le cianfrusaglie e ti metti a cesellare la mia vita. Se mi metti sotto un pavimento che nessuno vede ma che sostiene lo splendore dello zaffiro o in cima a una cupola che tutti guardano e ne restano abbagliati, ha poca importanza. Importante è trovarmi là dove tu mi metti, senza ritardi.
E io, per quanto pietra, sento di avere una voce: voglio gridarti, o Dio, la mia felicità di trovarmi nelle tue mani malleabile, per renderti servizio, per essere tempio della tua gloria” (card. Ballestrero).