Articolo per la Rivista del Seminario di Venegono
La nostra amicizia è antica. Risale all’anno 1983, quando io entrai nel Seminario Arcivescovile Maggiore di Genova, per iniziare il tempo della preparazione al sacerdozio e frequentare il biennio filosofico. Antonio era avanti a me di un anno. Tuttavia, dal momento che gli studenti del 1° e del 2° anno avevano le camere nello stesso corridoio del Seminario, si condivideva pressoché ogni momento della giornata e del percorso formativo.
La vita in comune, la preghiera condivisa, il corso di studi ravvicinato ci consentirono di stabilire da subito una bella relazione, che si sarebbe conservata viva negli anni. Ricordo bene il giovane Antonio: fervoroso nella vita spirituale, diligente e intelligente nello studio, capace di rapporti cordiali e gioiosi con i compagni. Un tratto gli era caratteristico: l’acume spiccato, non solo nell’approfondimento delle materie, oggetto delle nostre quotidiane fatiche di studenti, ma anche nelle conversazioni, a volte serie e a volte facete, disseminate lungo l’arco delle giornate. Con l’acume non mancava la simpatia, con la quale Antonio accompagnava i suoi interventi, le sue affermazioni, di tanto in tanto le discussioni. Antonio è rimasto così. Da sacerdote e ora da Vescovo.
La vita, per un tratto, ci ha separato. Ricevuta l’Ordinazione sacerdotale, infatti, don Antonio lasciò Genova e iniziò gli studi presso l’Accademia Ecclesiastica a Roma. E da lì iniziò la sua avventura a servizio della Santa Sede e del Papa, in diverse nunziature in ogni parte del mondo.
I percorsi della Provvidenza, però, nel 2007, hanno permesso alle nostre vite di ritrovarsi. Don Antonio era da qualche tempo rientrato a Roma per proseguire il suo ministero in Segreteria di Stato e io venni chiamato, inaspettatamente, in Vaticano per svolgere il compito di Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie.
Così abbiamo avuto la gioia e la grazia di condividere da vicino alcuni anni del nostro sacerdozio, a diretto servizio della Santa Sede e del Sommo Pontefice, che già da ragazzi e dai tempi del Seminario abbiamo sempre amato profondamente e che, fin dai giorni della nostra Ordinazione, ci eravamo impegnati a servire con generosa fedeltà.
Di questi anni romani vissuti “insieme” mi è caro fare memoria del giorno in cui, nella chiesa di San Lorenzo in Piscinula, vi fu la presentazione del volume “Omelie per l’anno liturgico” del Cardinale Giuseppe Siri. Per quell’occasione – il volume era stato curato proprio da don Antonio – egli mi chiese un intervento in forma di testimonianza. Fu l’occasione per condividere qualche momento della nostra storia comune, nel ricordo del grande Pastore della Chiesa a Genova, che fu per noi, prima seminaristi e poi giovani sacerdoti, un sicuro punto di riferimento nel percorso formativo e all’inizio della vita ministeriale.
Da qualche tempo le nostre strade si sono nuovamente divise. Con l’Ordinazione episcopale, monsignor Antonio è stato inviato in qualità di Nunzio Apostolico in Indonesia. Oggi, le nuove tecnologie consentono comunicazioni veloci e frequenti in ogni parte del mondo. E questo è il mostro modo attuale di rimanere uniti. Senza dimenticare, come è ovvio, la comune preghiera nella quale ci ritroviamo e ci sosteniamo reciprocamente ogni giorno.
Quando ci scriviamo o quando ci sentiamo per via telefonica provo ancora una certa emozione nel chiamarlo “Eccellenza”. Ma è anche una gioia poterlo fare. E’ la gioia provata da parte di chi sa di avere come interlocutore un Vescovo amico. E’ la gioia radicata nella consapevolezza di avere a che fare con un Vescovo degno ed esemplare, che ama il Signore e che è fedele alla Sua Chiesa. E’ la gioia provata ogni volta per la grazia di ricevere una benedizione, che so data con affetto e con amicizia vera.